E venne il pianista
Da Trondheim al mondo.
Così si sono mossi i Motorpsycho, band norvegese affascinata dal prog, dall’hard rock nonché dalla psichedelia.
Dopo quattordici album praticamente soli soletti hanno sentito la mancanza di qualcuno che li accompagnasse, ovvero il pianista e compositore Ståle Storløkken, norvegese pure lui.
Il figlio di siffatta unione è un disco impegnativo che non uccide la tradizione metal e al contempo jazz a cui ci ha abituati l’ormai trio, bensì la rinnova decorandola di elementi sperimentali, orchestrali (grazie Trondheim Jazz Orchestra) e classici.
Si può passare dalla potenza delle chitarre elettriche e delle percussioni assordanti al pacato violino di Ola Kvernberg senza perdersi alcuna connessione logica.
Quindici album e non sentirli (ma ascoltarli sì)? Potrebbe essere, visto come l’inventiva dei Motorpsycho pare non avere fine.
Trovare un lavoro complicato, introverso e tuttavia apertissimo dati gli incentivi alla sperimentazione è più che raro ai nostri tempi; chi ama già la band non avrà problemi a perpetrare l’affetto, i novelli invece dovranno sforzarsi un poco.