No agli scompartimenti stagni
Che cosa sia andato storto con i Metronomy non ci è dato sapere, quel che conta è che per Gabriel Stebbing la carriera musicale non è finita: la sua da solista è iniziata il 5 marzo.
“Urban Heat Island” è il primo progetto che si è tradotto da semplice idea a disco tangibile, un disco- tra l’altro- impossibile da assegnare a una precisa e determinata categoria d’appartenenza.
Ci sono dentro l’indie, l’elettronica (dai che i Metronomy in fondo in fondo gli hanno lasciato qualcosa di buono), la chillout, ma non viene per questo disdegnata nemmeno l’R&B, quella più raffinata però.
Stebbing l’ha descritto come un tentativo di avere la meglio sulle incertezze dell’epoca che ci sta coinvolgendo tutti, e non ha mica torto.
La delicatezza e la gentilezza con cui Gabriel si approccia alla nuova pensata suscitano ammirazione in chiunque lo ascolti, che sia stato/sia/sarà fan del gruppo a cui apparteneva in un passato non troppo lontano.
L’atmosfera onirica soffoca ogni rischio di cadere in discorsi politici e lascia l’audience con un sorriso beato stampato sul viso.
“Boys Born In Confident Times” è probabilmente l’apice di tutto ciò.