Il (techno) fanciullo dell’Isola
Kaspar Hauser arriva dal mare e approda in una Sardegna siderale filmata in bianco e nero. Il “fanciullo d’Europa” (vedi approfondimento) riplasmato da Davide Manuli è un essere androgino (lo interpreta Silvia Calderoni), un giullare, un bambino, un Santo o forse un Re. Gli girano intorno sei personaggi: lo Sceriffo e il Pusher (Vincent Gallo in doppio ruolo), la Veggente (o la Puttana o la Ragazza Perduta, interpretata da Elisa Sednaoui), il Prete (Fabrizio Gifuni), il Drago (Marco Lampis) e la Granduchessa (Claudia Gerini).
Manuli gioca con la leggenda e i suoi archetipi, inietta dosi massicce di nonsenso e musica techno su uno scenario visivo e (anti)narrativo che segue la linea rigorosa già tracciata da “Beket“: poche inquadrature, solo campi lunghi, tempi dilatati.
Dopo una lunga peregrinazione festivaliera, il film inizia a circolare nelle sale italiane dal 13 giugno.
OneLouder
Non è un’opera alla ricerca della perfezione, il “Kaspar Hauser” di Manuli. Gli attori sono schegge solitarie e non calibrate l’uno sull’altro, dall’interpretazione violentemente performativa di Silvia Calderoni alla bella ma distratta presenza scenica di Elisa Sednaoui, dal ruvido accento made in USA di uno straniante Vincent Gallo al mimetismo ‘pugliese’ di Fabrizio Gifuni. I dialoghi (e i monologhi) sono a tratti autoreferenziali, si fa fatica a trovare un punto di vista e sembra che tutto si riduca, davvero, ad un gioco intorno al vuoto.
Ma sono davvero difetti? O piuttosto, consapevoli tasselli linguisitici di un film che sceglie di essere distruttivo?